Una figura professionale inesistente, o quasi, almeno in Italia. Si tratta del traduttore giurato, un professionista specializzato che nell’ambito dei servizi della mediazione linguistica, riesce a rendere “ufficiali” e dal valore legale le traduzioni rese necessarie per svariati documenti (patenti, certificati, testamenti, contratti, bilanci, procure ecc…).
Prestazioni che nell’ambito del mondo legale, e non solo, servono per conferire forma giuridica ai quei documenti laddove necessari. Ma orientarsi alla ricerca di personale qualificato e preparato sembra essere davvero contorto nel nostro Paese. Infatti non esiste alcuna figura relativa al traduttore giurato, almeno così come intesa in altri paesi europei.
Le traduzioni giurate in Italia in sostanza diventano tali, e hanno pieno valore legale, a prescindere dal fatto che chi le ha eseguite sia iscritto o meno presso gli appositi albi dei tribunali. Tale iscrizione consente infatti ai professionisti registrati presso l’apposito albo dei Consulenti Tecnici d’Ufficio (CTU) dei tribunali, la possibilità di essere incaricati per concorrere alle chiamate dirette delle relative cancellerie.
In verità la disciplina italiana in tal senso è molto scarsa al riguardo, in quanto nella consuetudine basta che le traduzioni giurate e asseverate siano rese presso notai, giudici di pace o tribunali, per la garanzia del valore legale che sarà altresì riconosciuto a prescindere da quale sia il tribunale italiano presso cui esse vengono ufficializzate.
Ma cosa ha indotto impropriamente a parlare in Italia del “traduttore giurato”? Capita infatti che Ambasciate e Consolati stranieri in Italia richiedono in particolari casi che la traduzione giurata sia resa da professionista iscritto ad Albo dei CTU di tribunali italiani.
È bene evidenziare che la figura che coadiuva il giudice nello svolgimento delle operazioni per le quali esso stesso non ha strumenti conoscitivi sufficienti, prende il nome di consulente tecnico d’ufficio. La definizione che in Italia comunemente si dà al cosiddetto “traduttore giurato” viene infatti desunta dal semplice fatto che prima di adempiere al proprio ufficio, in qualità di CTU, “giura di adempiere bene e fedelmente al compito affidatogli, al solo scopo di far conoscere la verità”.
A chiarire il concetto di ciò che avviene in Italia, è intervenuta infatti la Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15/12/1980, che recita: “[omissis]…non esistendo in Italia la figura professionale del traduttore ufficiale, viene di norma richiesta dai Paesi esteri la traduzione da parte di traduttori giurati iscritti all’albo dei Consulenti Tecnici d’Ufficio (CTU) esistenti presso ogni Tribunale. Poiché la decisione di accettare o meno una traduzione giurata/ufficiale/asseverata è del Paese dove il documento deve essere presentato, sarà quindi necessario accertarsi caso per caso se viene accettata anche una traduzione effettuata da altri soggetti.
[omissis] Per traduttori ufficiali devono intendersi tutti coloro in grado di fornire una traduzione ‘ufficiale’ di un testo straniero, e cioè quei soggetti che, particolarmente competenti in lingue straniere, sono in grado di procedere ad una fedele versione del testo originario fornendo ad essa il crisma della ‘ufficialità’ in forza di una preesistente abilitazione (iscrizione agli albi) o mediante successive procedure (es. giuramento)”.
Una anomalia tutta italiana che rispetto ad altre realtà all’estero vedono invece specifici “Albi professionali dei traduttori” con apposite sottocategorie che nei fatti rendono la figura del traduttore giurato un “professionista” serio e qualificato. Infatti in altri paesi europei, per ottenere la qualifica di traduttore giurato occorre sostenere un esame di Stato che, con il suo superamento, consente di svolgere la professione.